Il Vallone Porto di Positano rappresenta nel suo insieme un geosito di grande valore paesaggistico ed ambientale nel contesto geografico della Costiera amalfitana e di tutta la Campania. L'area è inserita in un sito di interesse comunitario (SIC IT8050051).
Sono molti gli studi che dimostrano la particolarità botanica e zoologica di questa singolare forra e sono attualmente in corso ulteriori ricerche sulla flora vascolare e lichenica da parte di ricercatori presso la Facoltà di Agraria dell'Università di Portici.
Nel canyon selvaggio, così definito dall'artista Gianni Menichetti, che da quasi 40 anni è il guardiano morale e “fisico” dell'area, è caratterizzata dalla presenza di importanti specie rare e in via d'estinzione come la rarissima Salamandrina terdigitata o perspicillata, cioè dagli occhiali, è un urodelo, anfibio con la coda. Due sono anche le specie di anuri, cioè anfibi senza coda che qui vivono: il rospo (Bufo bufo) e la Rana italica , che prima era classificata come Rana dalmatina. La popolazione del Bufo è elevatissima, in particolare nel cuore dell'Oasi: basta muovere una pietra o un po' di terra o un ciuffo d'erba per trovarvi una di queste belle creature, quasi sempre femmine. (…).
Sono qui presenti anche due tipi delle felci Pteris, relitto dell'era terziaria, tipico di una vegetazione con elementi subtropicali, sopravvissute all'era glaciale in questi particolari microclimi della Costa d'Amalfi: la Pteris vittata e la Pteris cretica sono ambedue felci termofile. La prima cresce in grandi cespi palmati e le sue fronde quasi paiono penne di struzzo; la cretica, elegante, lanceolata, da un colore verde brillante, nelle sue pur minori dimensioni, è assai singolare. Vi è poi una minuscola piantina carnivora, la Pinguicula hirtiflora che risale al periodo delle due felci, cioè all'era terziaria, che qui sopravvive.
La varietà della vegetazione è qui sorprendente. Gli alberi predominanti nel folto bosco sono l'orniello, il leccio, il carpino nero e l'ontano napoletano, il castagno, che qui cresce ad un livello assai basso, già sotto i cento metri sul livello del mare, il sambuco che lussureggia nelle parti più umide, e il fico selvatico un po' ovunque; minore è la presenza del nocciolo e del lauro, modesta quella della roverella e anche delle conifere. Gli arbusti della macchia mediterranea qui più diffusi, sono il mirto e il lentisco, l'alaterno, la ginestra, l'oleandro e l'erica arborea, da alcune pareti calcaree pende la bellissima Erica terminalis. Abbonda l'Euphorbia characias nelle parti interne più umide e ombrese e la dendroides in quelle più aride che vicino ai confini guardano verso il mare, dove crescono pure gigantesche agavi. Diffusissimo nel sottobosco è il pungitopo. Pure il corbezzolo merita un posto d'onore.
Tra le piante medicinali cospicua è la presenza della Digitalis micrantha, della datura (stramonio), dell'Helleborus foetidus, di malva, melissa, ruta e dulcamara, minima quella del giusquiamo. Bella ed elegante è la slanciata angelica che cresce vicino all'acqua, l'Arum italicum nella sua fase primaverile pare un'affusolata cuffia di fata. La vitalba riesce a formare delle vere e proprie lignee gomene che pendono tra gli alti alberi come liane, e ciò al bosco conferisce l'aspetto di esotica giungla. Il rovo, la smilax e l'edera sono onnipresenti, il muschio e il capelvenere pure lo sono in ogni anfratto umido e ombroso. Tra lo sparto e altri svariati ciuffi d'erba e tra la rubbia cresce l'asplenium e la ceterach, le Filix mas e altre felci più o meno comuni. Le Pteris favoriscono i punti più umidi, persino pareti calcaree con stillicidio. Assai rara è la lingua cervina. Amano l'acqua l'equiseto, o coda cavallina, la carice maggiore e la canna palustre. In primavera e in autunno due diversi tipi di ciclamino a vicenda coprono di un fitto e leggiadro manto il sottobosco. L'umile arisaro, vera trappola per insetti come del resto l'Arum alla cui famiglia (aracee) appartiene, spunta sia in primavera che in autunno. La violetta è la prima a fiorire, poi il croco, l'anemone, segue un tripudio di fiori: gigli, iris e orchidee, che culmina nel mese di aprile. Come non ricordare la stupenda Orchis italica, bianco e roseo-frangiata, il Limodoro ( Limodorum abortivum) dai fiori violacei, orchidea saprofita (cioè parassita di radici e materia in decomposizione), come pure è la Neottia nidus-avis (nido d'uccello) che riesce a vivere in luoghi dove penetra pochissima luce. Un'altra orchidea è la Serapide lingua (Serapias lingua) dal fiore purpureo. Più tardi il Giglio tigrato (Lilium tigrinum) annuncia l'arrivo dell'estate.
Sul sentiero detto “Cavalcata di Murat” vicino a selve di mirto e rosmarino crescono l'Asfodelo e il Garofanino di montagna, e la Rosa selvatica sulle pareti rocciose grandi cespugli di cappero.
La menta selvatica è diffusissima, ci sono piccole macchie d'origano e un tempo anche di timo serpillo. L'orchidea Ophrys fuciflora presenta un lungo stelo dove spuntano durante la fioritura dei labelli che imitano in ogni particolare il corpo di una certa specie di ape femmina, con striature violette e gialle su sfondo fulvo-ruggine. Il maschio di quella stessa specie viene ingannato da tale splendida apparizione, atterra sul labello e tenta di accoppiarvisi, coprendosi di polline il capo. Accortosi che l'oggetto della sua passione era solo illusorio vola altrove, ma di nuovo allettato e ingannato da un'altra simile orchidea, ripete il suo non corrisposto amplesso, così impollinandola. Profano sarebbe qualsiasi commento a un sì raffinato giuoco d'illusionismo che la natura riesce ad escogitare.
Vallone Porto represents a geological site of great scenic and environmental values in Amalfi Coast and entire Campania. The area is part of a Site of Community Interest (SCI IT8050051).